"Due pianisti mi hanno lasciato un segno: i fraterni rivali Glenn Gould e Svjatoslav Richter. Di Glenn Gould si è scritto tanto da riempire intere biblioteche: la sua follia, le notti insonni, il riso infantile, l’angoscia, una fragilità che è anche una forza della natura, le mani che tremano, si riprendono, attaccano e vincono. Mani alla El Greco, un allungarsi della fede che è più forte del dolore […] una lotta continua anche con se stesso […] la serietà con cui la violenza della musica segna gli animi forti […]. Glenn Gould: l’illusione di avere un fratello maggiore in musica. Richter – mente da monaco zen, disincantata – è diverso, un uomo dell’altrove. Un pellegrino che attraversa cielo e inferno senza mai fermarsi. Non dà una coloritura “moderna” a musiche antiche: dà delle musiche ultramoderne (di cui si comincia a sentire la necessità vitale) un fondo d’eternità, in un mondo ormai destinato all’autodistruzione. Non mette le note l’una accanto all’altra, sono loro a ordinarsi su un piano superiore e imperioso, al richiamo di un sentimento preliminare, guidato dall’intelligenza.”