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Esposizione Akhvlediani da Richter (Nodar Chatiashvili)

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Il Blog nel Centenario della nascita di Sviatoslav Richter

L'esposizionedeiquadri diElena Achvledianinell'appartamento diSviatoslav Richter

di Nodar Chatiashvili






Traduzione [e note] di Valerij Voskobojnikov. 
Revisione del testo di Corrado Grandis 


  Ogni tanto, dopo il lavoro, andavo a trovare Elena Dmitrievna Achvlediani (la zia Ellička), e non solo per godere dei suoi quadri o per visitare il suo salotto, laddove si riuniva il fiore della intellighenzia georgiana, ovvero le "celebrità" che dall'Unione o dall'estero passavano da lì, ma anche per parlare o semplicemente restare silenzioso vicino alla grande personalità, così individuale, priva d'inibizioni, generosa, e infinitamente buona. 

Quella sera, per non disturbare la zia Ellička, sono salito da lei al secondo piano come facevo di solito, ovvero non attraverso l'ingresso principale bensì dalla porta posteriore, dalla via Perovskaja (un piccolo cortile, la scala, una lunga loggia). Ho superato la lunga stanza soppalcata, tutta colma di ritratti della padrona (di casa), e dei quadri d'altri pittori a me piaceva più di tutti il ritratto dipinto da Šuchaev, mentre, avvicinandomi alla colonna portante centrale - rifatta con delle decorazioni tipo dedabodzi e che divideva l'enorme stanza in due parti, quella dello studio e la sala d'esposizione - rimasi impietrito. Meravigliato, Sviatoslav Teofilovič Richter mi stava guardando. Io non  credevo ai miei occhi. 
Fui risvegliato dalle parole di zia Ellička:
- Perché stai lì impalato come tu fossi un povero parente, - pronunciò fissandomi. 
 - So che hai sentito parlare di Slava e Nina, ora fai la loro reale conoscenza. 
Sul momento, l'attenzione era concentrata su di me, mentre ci presentavamo con la moglie di Richter, Nina L'vovna Dorliak e con lui stesso, avevo probabilmente l'aspetto d'un idiota. Per fortuna loro ripresero l'interrotta conversazione, mentre io ebbi modo di riprendermi. Soprattutto erano la zia Ellička e Sviatoslav Teofilovič che parlavano, mentre Nina L'vovna interveniva qualche volta con isolate frasi, ma principalmente guardava Richter ed i quadri attaccati sulle pareti. Ricordo chiaramente il momento in cui Nina L'vovna si alzò e, avvicinandosi ad uno dei quadri appesi dietro a Richter, si rivolse a lui cominciando a raccontargli alcuni momenti del loro soggiorno in Georgia. All'improvviso mi sembrò di vedere una delle versioni di certe tele di Picasso. Non più una ragazza, ma ugualmente elegante e graziosa, più disinvolta a mantenere l'equilibrio sulla palla, raffinata e radiosa, con tutte le sfumature dei sentimenti, appartenenti solo ad una DONNA per la quale esiste un unico grande UOMO, a cui sta prestando ascolto. Certamente non c'era nulla in comune tra il quadro di Picasso e la mia immaginazione, tranne un'apparente somiglianza. Un possente atleta, seduto sicuro sulla bitta e la ragazza sulla palla, anche se...
All'indomani c'era il concerto nel nuovo edificio della filarmonica. Grazie a Irina Kalandadze, per lei zia Ellička era davvero sua zia, io entrai ma non stavo in sala, bensì sul palcoscenico, tra gli amici di Sviatoslav Teofilovič. Pur essendo un grande onore questo non mi diede la possibilità di bearmi dell'esecuzione del grande pianista. Non riuscivo ad evitare di guardare gli occhi delle persone sedute in sala. Dopo il concerto tutti gli amici aspettavano che Richter e Dorliak uscissero e si incamminarono verso la casa della zia Ellička, a piedi per la via Kiaceli deserta e silenziosa, lei abitava vicino alla filarmonica. Richter era assediato dagli ammiratori estasiati del suo talento. Nina L'vovna e zia Ellička camminavano assieme, poco più in là. Nina era preoccupata per la salute di Sviatoslav Teofilovič, in quanto l'aria condizionata gli soffiava fredda sulla schiena. Zia Ellička con la sua tipica dolcezza la tranquillizzava.

Prima della partenza di Nina L'vovna e Sviatoslav Teofilovič per Mosca, ricordo come questi insistevano per organizzare un'esposizione dei suoi quadri a casa loro. 
Zia Ellička non si convinceva, per il motivo che questa mostra avrebbe comportato un grande lavoro mentre lei non aveva più le forze necessarie, ma Sviatoslav Teofilovič, già preso da questa idea, non la lasciava in pace. Alla fine zia Ellička accettò ma a patto che Richter gli promettesse di allestire una esposizione dei suoi quadri da lei. E Richter ne fu felice, dandole un tenero bacio sulla guancia, che gentilmente lei accettò. 
Vidi per la prima volta in tanti anni che lei non rifiutava tale dolcezza manifesta.

Prima della mia partenza per Leningrado, e poi per Mosca per discutere la tesi di laurea, passai per un minuto dalla zia Ellička per salutarla. Quando stavo per andarmene, all'improvviso zia Ellička mi chiese:
- Parti per molti giorni?
- A Leningrado per due settimane, poi a Mosca per una settimana...
- Allora lasciami il tuo indirizzo, dove ti fermerai. Forse ci vediamo là.
 Naturalmente lasciai tutti i miei possibili recapiti. 
Io odio il freddo, la fanghiglia. A Mosca il tempo era proprio così. Passavo tutto il tempo alla IFS (Istituto di Geofisica), nei vari laboratori, e mi accordai sulla data della tesi. Ero stanco. Appena tornato a casa, prima di spogliarmi, sentii la voce scontenta di mia suocera:
- Ha telefonato una certa Ellička, ha pregato di chiamarla a questo numero, - e dopo avermi consegnato un biglietto con il numero segnato, si allontanò   in modo plateale.
Telefonai subito. Non feci in tempo a salutarci che sentii la voce della zia Ellička:
- Stai bene? 
- Beh, si. Risposi senza farci caso.
- Non tossisci, non starnutisci?
- No. 
- Allora vieni subito da Slava. Indirizzo  - Bol'šaja Bronnaja, 2 interno 59.      Hai capito? Lo troverai?
- Si, certamente. Ma in che modo...
- Quello che è venuto per appendere i quadri è raffreddato, starnutisce,    tossisce. Nina è preoccupata per Slava.. Adesso hai capito? 
-Si, certo!
Tutta la stanchezza scomparve. Il mio aspetto vigoroso rallegrò tutti. I gentili proprietari si preoccupavano se avevo fame. Naturalmente, dissi di no anche se mentre tornavo a casa sognavo i "pelmeni" siberiani della suocera [tortellini russi].
Mi accompagnarono nella grande sala, dove c'era il pianoforte, mentre appoggiati al muro di fronte alle finestre stavano i quadri di zia Ellička, in un ordine prestabilito. Mi sembrava che di lavoro c'è ne fosse per un'oretta, ma ahimè. ...I minuti di un breve intervallo furono riempiti dai racconti di Nina L'vovna e Sviatoslav Teofilovič, persino di zia Ellička, su come si persero i quadri per poi ritrovarli, ma in tutt'altra stazione merci e di come furono finalmente trasportati e consegnati nell'appartamento di Richter. 
Di tutto il racconto, se fossi uno scrittore-umorista si sarebbe potuto comporre uno spassoso sketch sulla nostra stupida incapacità di condurre l'azienda-stato, ma io mi ricordo solo il racconto di zia Ellička:
"Arriviamo alla stazione. Davanti ad uno sportello è ammassata una spaventosa fila. Slava prende posto alla fine. Noi con Nina ci siamo guardati, e siamo andati in avanti. Tutt'attorno il fango, le pozzanghere. Trascorsi circa 15 minuti arriviamo da un certo capo. Quando finalmente questi capisce che noi siamo venuti per i quadri e che da lui sono arrivati per errore, e che in fila sta aspettando al freddo il celebre in tutto il mondo Svjatoslav Richter, lui annuncia al microfono: "Il violinista Richter, famoso in tutto il mondo, è pregato di recarsi nell'ufficio del capo dei trasporti per la consegna dei documenti per la ricezione dei quadri". Slava naturalmente non venne subito, e fu recuperato da Nina. Lui sicuramente pensava di dover fare tutta la fila e per questo motivo non ha prestato nemmeno attenzione all'annuncio".
Tornai a casa verso la mezzanotte, mentre dei quadri ne appendemmo solo poco più della metà. Ci accordammo che sarei tornato all'indomani alle cinque, subito dopo il lavoro. Nina L'vovna mi pregò di non tardare, perché senza me non avrebbero cominciato a cenare. Effettivamente mi stavano attendendo, nella parte [dell'appartamento] di Nina L'vovna ci aspettavano una varietà di pietanze georgiane, mentre nei calici il vino Kindzmareuli aspettava le nostre labbra e il brindisi del tamada" [l'usanza georgiana prevede che in ogni pranzo sia l'ospite a scegliere il vino, e che al brindisi sia lui preposto a pronunciare un discorso molto elaborato e prolisso]. Per fortuna fui rassicurato che quest'oggi non sarebbe stato necessario pronunciare i brindisi perché ci aspettava una mole di lavoro che bisognava concludere entro la giornata.
Quando mi portarono il mio piatto preferito, il savizi [pollo con salsa di noci], e stavano per cambiare le posate, io, facendomi coraggio, chiesi:
- Sviatoslav Teofilovič, si dice che lei abbia studiato con Neuhaus, ma dalla sua maniera di suonare non lo si direbbe.
- Da Neuhaus ho appreso la maniera di stare seduto alto...Neuhaus per me è stato come un padre. Abitavo da lui. Egli liberò il mio suono e mi fece capire il senso delle pause...
- E di Neuhaus stesso, lei cosa pensa del suo modo di suonare?
- Lo stesso Neuhaus suonava in modo disuguale. Ricordo un suo concerto con opere di Schumann. Le Sonate furono eseguite in modo spaventoso, ed invece la Kreisleriana fu un miracolo, così non l'ha mai suonata nessuno.
- E lei a cosa sta lavorando in questo momento?
- Devo completare di registrare a Vienna il II volume del Clavicembalo ben temperato. Vorrei suonare Scarlatti, Schönberg ma non ho più le forze. 
- Chi tra i compositori gli è più vicino?
- Amo Haydn: è così fresco, amo Haydn più di Mozart.
- Forse a causa del suo temperamento?
- No. In realtà sono un uomo freddo, nonostante tutto il mio temperamento. Mi conosco bene - ci sono delle cose che danno fastidio non nella musica, ma nella vita. Io non mi piaccio.
- In che cosa?, mi meravigliai.
Ma non potemmo finire la conversazione e ci chiesero di appendere i quadri.

[V.V.: Stranamente queste ultime risposte di Richter assomigliano alle sorprendenti confessioni riprese nel film di Monsaingeon. Non ci sarà una certa influenza nei ricordi dell'autore dell'articolo?]
A tarda notte, quando rimanevano solamente due quadri, la zia Ellička non si convinceva a trovar loro il posto, in maniera tale che nell'insieme la composizione potesse soddisfarla. Sviatoslav Teofilovič per due volte gli propose delle varianti ma lei non era convinta. Ci chiese persino che ci allontanassimo perché non riusciva a concentrarsi. Ci allontanammo e per un po' rimanemmo in silenzio. Ero piuttosto ottuso per la mia stanchezza, ma ecco che sentii la voce sussurrante di Sviatoslav Teofilovič: "Ma anch'io me ne intendo un po' di pittura, e della esposizione...". Al che potei rispondere solo: "Ma lei conosce Elena Dmitrievna". Finalmente, tra la gioia generale, la zia Ellička trovò una soluzione brillante che piacque a tutti. Dopo mezzanotte arrivai a casa. La suocera, scontenta, mi aspettava. Mettendomi a letto pensavo con orrore alla discussione sulla tesi di domani.  Ma ero talmente stanco, che mi addormentai all'istante.
La discussione preliminare era andata bene. Dopo le congratulazioni degli amici mi avvicinò uno dei responsabili di laboratorio e mi chiese, se ero naturalmente d'accordo, d'illustrare alcuni aspetti più dettagliati della tesi nel suo reparto, però subito all'indomani, che era domenica, perché il lunedì lui sarebbe partito per la Kamčatka. Ci accordammo per le dieci, pensando che avrei concluso la relazione entro l'una, senza tardare all'inaugurazione della mostra.
Arrivai alla mostra come un limone spremuto. Non c'era più quasi nessuno dei visitatori tranne i più famigliari. Tutti loro sono fissati sulla foto. Io, naturalmente, cercai di spiegarmi che mi ero appassionato del tema a cui mi ero dedicato, perdendo la mia cognizione del tempo...mi persi...Sviatoslav Teofilovič non mi fece finire la frase, e disse:
- Certo, lei ha perso molto. Io sono stato un garçon irresistibile, con l'asciugamano bianco sul braccio ed il vassoio di champagne, prima, e simile ad un buttafuori poi. 
Ben presto anche i pochi amici rimasti cominciarono a salutarci. Prima del commiato, Nina L'vovna mi chiese se all'indomani, appena finiti i miei impegni all'Istituto, fossi tornato da loro. Accettai con gioia e lo promisi. Così, verso le due del pomeriggio, dopo aver finito al IFS, ero già lì a suonare alla porta.
Nina L'vovna mi aprì e disse sottovoce: "Come sono contenta che lei sia venuto. Slava sta ripassando il Clavicembalo ben temperato e lei potrà ascoltarlo se si mette vicino alla porta". Accettai subito. Si sentiva benissimo. Non appena iniziai ad orientarmi, la porta d'un tratto si aprì e comparve Sviatoslav Teofilovič, con un asciugamano da bagno sul collo. Si meravigliò nel vedermi seduto tra le due porte e non in sala. Poi tornò è riprese più volte il ventesimo brano. Ascoltavo come fossi ipnotizzato, non potendo nemmeno immaginare che lo stesso pezzo si potesse interpretare nei modi più differenti, scoprendo sempre il tema così interessante. Dopo, lui mi chiese quale delle varianti mi fosse piaciuta di più, ma non potei dare la preferenza a nessuna delle esecuzioni. Ben presto entrò la zia Ellička, assieme alla cuoca per preparare le pietanze georgiane ed ancora altri ospiti. Sviatoslav Teofilovič mi disse, come se avesse capito che volevo fargli delle domande su vari argomenti:
- Lo vedo che hai una grande voglia di farmi delle domande. Dai chiedimi.
- Si dice che lei al primo concorso "Čaikovskij" ha messo solo a Van Cliburn il massimo dei voti...
- È vero.
- E che quando lei è stato in America lo ha ascoltato di nuovo.
- Si! Ma lì non mi è piaciuto.
- Lei ha suonato molte opere di Prokof'ev, gli piace come compositore e   come uomo?
- Come compositore - Si,  come uomo - No. Era un uomo molto duro, sapeva a volte "sbatterti al muro"... ma è un compositore geniale. Ha scritto la Zdravica su Stalin. Lei immagini quali testi dovevano essere, ma è un'opera assolutamente geniale.
- Che rapporto ha con il pubblico?
- Io non suono per il pubblico, suono per me stesso, e tanto meglio suono per me, tanto meglio il pubblico percepisce i miei concerti.
- Che cosa per lei è più importante nella musica?
- La cosa più difficile nella musica è il pianissimo.
- In televisione hanno trasmesso la sua esibizione con Rostropovič. Il vostro duo ha fatto una forte impressione non solo a me, ma anche a molti miei conoscenti, musicisti professionisti. E a tutti ci dispiace che lei...
- Non sono io che non voglio suonare con lui, è lui che non vuole condividere ne gloria ne denaro...
A questo punto ero confuso. La pausa che ci fu subito interrotta da Zaira Ratiani  (direttore della Casa del cinema), che si rivolse a Richter:
- Sviatoslav Teofilovič, lei spesso si reca all'estero. Probabilmente ha la possibilità di confrontare ciò che proiettano da noi e ciò che mostrano là.
- Io non ho questa possibilità, ma posso dire ciò che mi dicevano coloro che hanno visto. Si ricorderà del film che da noi fu proiettato col titolo "La zitella"...
- Si! certo! La zitella era recitata da Annie Girardot e il suo innamorato da Philippe Noiret.
- Da noi loro si separano dopo la vacanza...
- Molto commovente.
- Invece nella versione francese loro s'incontrano in un bordello parigino.
Ci indignammo tutti per gli interventi della nostra censura. Arrivò il momento di salutarci. Sviatoslav Teofilovič come ricordo mi regalò una cravatta portata da Parigi. La conservo come una reliquia.
P.S. Quando ho finito di leggere questi ricordi a mia moglie, le ho chiesto: perché sorridi?
- Quando tu descrivevi l'incontro con Svjatoslav Richter, a Budapest mi sono ricordata di un racconto alla radio di un giornalista. Quando Richter arrivò a Budapest, uno dei suoi ammiratori ha fatto di tutto per incontrarlo. E siccome conosceva solo l'ungherese, invitò un traduttore. Richter era talmente occupato che questo incontro ebbe luogo solo prima del suo rientro a Mosca. Si incontrarono nella Hall dell'albergo dove Richter soggiornava. L'ammiratore si presentò ed invitò Richter con un gesto ad accomodarsi. Il traduttore stava ritardando. Il silenzio divenne insopportabile e all'improvviso l'ammiratore sparò: Wat's your name? E perciò! Come eravamo ingenui! Io amo questo film. L'ho visto e a Budapest e a Parigi. E in nessun bordello loro si incontrano.

Di Nodar Chatiashvili 



Fonte: David's Shield Inc. 8/2012  Русский PDF

Nodar Chatiashvili, Zaira Ratiani, Natalja Žuravlëva, un'amica di Nina e Sviatoslav, Elena Akhvlediani, Richter.


[Valerij Voskobojnikov:
Nodar Chatiashviliè scrittore di successo, regista cinematografico e di professione  uno scienziato nel campo della geofisica ed elettrochimica. Dal 1990 vive a Budapest. 
Nel Diario di Richter, quello originale, in russo “O muzyke”, c'è un appunto datato con il n.172 in data non stabilita, tra il 3 e 30 maggio.
Sulla sinistra l'elenco delle opere ascoltate: Saint-Saëns concerto n.5 (S.R.) (insieme a: Poulenc! Concerto per due pianoforti  concerto da camera. Core. Les Forains Concerto piano. (V. Devetzi)
Alla esposizione di Elena Achvlediani.
Sulla destra il commento di Richter:
“La mostra di Elena Dmitrievna Achvlediani ricordava vagamente un bazar. Nel senso della quantità dei quadri esposti e del pubblico (non il migliore). Lei ha desiderato ed ha ordinato che durante tutta la esposizione si sentisse la musica (!) ed ecco, io ho scelto le opere che più o meno si adattavano a questa situazione e così ho soddisfatto il desiderio della pittrice.” 
Altri due appunti riguardano due date nel mese di gennaio 1977 e sempre di gennaio del 1981 “In memoria di Elena Dmitrievna Achvlediani” ]. 



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