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Gli orizzonti di Richter: Kagel "Die stücke der windrose"

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Il Blog nel Centenario della nascita di Sviatoslav Richter

Gli orizzonti di Sviatoslav Richter: Mauricio Kagel
Alle Fêtesmusicales en Touraine


Messiaen, Berio, Ligeti, Boulez, Donatoni, Xenakis, Stockhausen... sono moltissimi gli autori contemporanei ai quali Sviatoslav Richter prestava una sensibile attenzione. Il Blog presenta alcune opere musicali del Novecento storico, tuttora purtroppo poco conosciute, di cui Richter si fece promotore, proponendo in prima persona temi/programmi ed invitati, al suo Festival alla Grange de Meslay. 



Sviatoslav Richter  su  M a u r i c i o  K a g e l

Foto di Guy Vivien © 
"Sì, ecco un compositore per il quale ci si può entusiasmare"





Tours, Fêtes musicales en Touraine. Grange de Meslay  (Domenica 20 giugno 1993):

DIE STÜCKE DER WINDROSE, für Salonorchester (1988-94) ↩
DER 24/12/1931. Schönberg Ensemble, dir. M.Kagel


Da "György Ligeti, Lei sogna a colori?", Edizioni Alet 2004, pagg. 91 e 92:

« Perché mai la gente dovrebbe appassionarsi per le cose che non conosce? Oggi c'è forse più interesse per la musica contemporanea? No! Mauricio Kagel una volta ha sintetizzato molto bene la nostra condizione: «La società non ha bisogno di noi» »


© Tutti i diritti sono riservati ai legittimi proprietari. La fonte originaria viene sempre citata o collegata con un link alla stessa. In questo Blog OGNI citazione o riproduzione di brani/foto/immagini o di parti d'opere sono UTILIZZATI a soli fini di ricerca scientifico-artistica, il cui utilizzo avviene secondo finalità illustrative o di discussione e per fini NON commerciali. Nessun Adsens è introdotto, come altre forme pubblicitarie finalizzate al profitto. 

Vitaly Margulis

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Il Blog nel Centenario della nascita di Sviatoslav Richter

Vitalij  M a r g u l i s 


“After what we lived through during the war, the extreme strain of efforts and nerves, excruciating torments and tortures of people … we wanted to have the same in art – frenzy, fanaticism, a tornado and earthquake… And there comes an artist against an emotional background like that – a frenzied and ultimately strong one like a volcanic eruption or tornado, who sees the form in music as an objective, who discards minor nuances that impede the form. He made the audience listen to music without letting them catch their breath. We found the one we had been waiting for – it was Sviatoslav Richter.” 


« Après les événements de la guerre, la tension extrême de toutes les forces et toutes les émotions, les souffrances les plus dures et les supplices infligées aux gens… on avait envie de retrouver dans l’art la même chose : la frénésie, le fanatisme, la tornade, le tremblement de terre… Dans ce contexte émotionnel apparaît un artiste, exalté, extrêmement puissant, telle une tornade ou un tremblement de terre, qui voit dans la musique une fin en soi et ne se préoccupe pas des nuances insignifiantes qui occultent la forme essentielle. Il obligeait le public à écouter la musique en retenant son souffle. On a trouvé celui qu’on attendait – c’était Sviatoslav Richter » 





Vitalij Margulis: Paralipomenon 
Twenty eight novels about life of a musician. Publisher: Classica XXI. Source Pdf: booklet Melodiya 4 Cd Schubert: "Richter plays Schubert" live. New RELEASES July 2014

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A Siena per il "Maggio" del 1968

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Il Blog nel Centenario della nascita di Sviatoslav Richter

A Siena peril "Maggio Musicale"
   Riccardo Muti e le prove con Richter nel 1968 per il "Maggio Musicale Fiorentino"




È davvero così importante saper suonare il pianoforte per fare il direttore?
  • Le racconto una storia. Per il mio debutto con l’orchestra del Maggio, nel 1968, solista del Concerto in re maggiore di Britten e del K 450 di Mozart era Sviatoslav Richter. Gli domandarono se acconsentiva ad avere sul podio un giovane. “Niente in contrario a patto che sia un ‘buon musicista’”, rispose. Sottolineo: non disse “buon direttore”, ma “buon musicista”. Volle incontrarmi. Mi convocò a Siena. Quando entrai nella sala in cui si trovava, notai che c’erano due pianoforti. Non aprì bocca, mi fece solo segno di accomodarmi al secondo. Dava per scontato che sapessi suonare al piano la partitura orchestrale che avrei diretto. E allora, fresco di Conservatorio, avevo una tecnica pianistica agguerritissima. I due Concerti li leggemmo assieme da capo a fondo, in silenzio. Fu così che mi accreditai presso di lui.

“Bottega d’opera”. Conversazione con Riccardo Muti a cura di Gregorio Moppi. Programma Ravenna Festival 2015. PDF 



Is it really that important to know how to play the piano in order to be a conductor?
  • I’ll tell you a story. For my début with the orchestra of the Maggio, in 1968, Sviatoslav Richter was the soloist in Britten’s Concert in D major and in Mozart’s K 450. They asked him if he agreed to have a young conductor on the podium. “No objection, provided he is a good musician,” he answered. I emphasize: he did not say “a good conductor”, he said “a good musician”. He wanted to meet me. He called me to Siena. When I entered the room, I noticed two pianos. He said nothing, just motioned me to sit at the second. He assumed I knew how to play the score I would later conduct. I was fresh from Conservatory and with a fierce piano technique. We silently read through the two Concerts together, from beginning to end. That’s how I gained his respect.

Foto rare: anni '40, Annie Fischer, Akhvlediani

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Foto "rare": ritratto anni '40, con Annie Fischer, a Bucarest e con Akhvlediani






  1. Anni '40.
  2. Annie Fischer, Nelly e Donatella Failoni, Sviatoslav Richter. 1977
  3. Bucarest. Ateneul Român. Settembre 1961
  4. Nodar Chatiashvili, Z.Ratiani, Natalja Žuravlëva, ?, la pittrice ed amica georgiana Elena Akhvlediani


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André Tubeuf: "ce formidable poète du son"

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... ce formidable poète du son
André Tubeuf 

SR. data e fonte ignote
 Quoique persona absolument grata dans les coulisses du Palais des Fêtes, je ne m'étais jamais hasardé à aller saluer Richter : impressionné déjà par sa stature ramassée, un bouledogue au piano, parfois ; plus encore par son visage fermé, pas parce qu'on le surveillait, mais par une loi en quelque sorte physique de communication qui, conduisant toute la sensibilité et l'expression vers ces doigts de boucher et d'athlète dont le toucher miraculeux était à lui seul palette, et musique, interdisait au visage d'en rien distraire en montrant; en se transfigurant à l'appel de quelque chose de supérieur. Dieu sait que le supérieur, pourtant, rayonnait dans le moindre son de ce formidable poète du son, démiurge de l'organisation des sons... A.T.

Livre: "Je crois entendre encore..."(éditions Plon, 2013)

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Radu Lupu su Genrich e Stasik (V.Voskobojnikov 1990)

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RaduLupuparla del suoMaestro

di Valerij Voskobojnikov

1988


(estratto)

Da una conversazione con Valerij Voskobojnikov del 9 maggio 1990 *. Pubblicata in "In memoria di Stanislav Neuhaus", libro edito dall'Accademia Musicale Chigiana nel 1991.



Valerij Voskobojnikov

Radu, raccontaci del tuo primo incontro con Stasik (Neuhaus, ndr.): quando è avvenuto, e come?

Radu Lupu

Nel 1963 io ero ancora studente del Liceo "Merzljakovskij", presso il Conservatorio di Mosca, e facevo parte della classe di Galina Egiazarova, che all'epoca frequentava l'aspirantorato diretto da Delik Baškirov. Per lei io ero l'allievo migliore e perciò decise di farmi ascoltare da Genrich Gustavovič per farmi entrare nella sua classe al Conservatorio, cosa che io desideravo moltissimo. Perciò un giorno la mia insegnante di musica da camera del Liceo (purtroppo ora non riesco a ricordare il cognome di questa donna deliziosa, ex allieva di Neuhaus) mi accompagnò dal suo Professore, per farmi ascoltare. Suonai, chiaramente in modo terribilmente grezzo e molto forte, varia musica di effetto e la Rapsodia di Enesco (allora mi piaceva moltissimo suonare pezzi orchestrali, dei quali facevo personalmente le trascrizioni). Probabilmente suonai anche Bach. Genrich Gustavovič mi accettò, e dall'autunno del 1963 iniziai le mie lezioni con lui e nello stesso periodo anche con Stasik. 

[...]


V. V. Anch'io ho avuto inizialmente la stessa reazione. Bisognava fare troppe cose dopo la prima lezione con lui (si parla di Genrich Gustavovič Neuhaus, ndr.), prima di tornare, non è vero?

R.L. Non si trattava di questo, per me; semplicemente allora non riuscivo a capire che cosa si esigeva da me. Evidentemente suonavo in modo un po'"selvaggio". Il fatto è che allora mi divertivo a raggiungere sonorità molto ampie, tendevo verso l'orchestrazione dello strumento. Suonavo in modo orrendo, senza rendermi conto di che cosa fosse la musica, e mi appassionavo di effetti puramente sonori. Krajnev, che mi accompagnava, iniziò anche lui con un fortissimo: mi venne voglia di mostrargli che, anche se ero un piccolo čuvak, ero capace di ottenere un suono ancora più forte, e quindi mi sono messo a spingere. 

"Čuvak", parola del gergo musicale: negli anni '50-60 nei Conservatori significava appunto piccolo principiante

V. V. Non ti ricordi cosa disse in proposito Genrich Gustavovič?

R.L. Ah, si arrabbiò terribilmente e uscì dall'aula, poi tornò e si mise a lavorare; egli insisteva per ottenere la musica ed era una cosa molto semplice, ma io in quel periodo non avevo capito che si trattava di chiarezza del discorso musicale.

V. V. Quali altre opere hai studiato con Genrich Gustavovič?

R.L. La Prima Ballata di Chopin e il Quinto Concerto di Beethoven: a giudicare dal vecchio manifesto che vedo in casa tua con il programma del saggio degli allievi di Neuhaus, anche tu dovresti aver studiato con lui questa composizione.

V. V. Sì, Neuhaus insegnava magnificamente questa musica. 

R.L. Ma egli insegnava in modo colossale anche la Prima Ballata. Ecco, abbiamo appena ascoltato la Kreisleriana nell'esecuzione di Heinrich Neuhaus. Da molto tempo non ascoltavo le sue incisioni, e mi sono ricordato di quale classicità e logicità del concetto erano presenti nella sua interpretazione, di quanta chiarezza nella linea dello sviluppo. Soltanto dopo il Conservatorio ho cominciato a capire davvero qualcosa e a diventare, come si suol dire, un musicista. Non si tratta di prendere un certo numero di lezioni, una, due, tre o anche dieci, non bastano lo stesso. La musica entra nel nostro subconscio soltanto in seguito ad una costante ripetizione. Io ho studiato con Genrich Gustavovič negli anni 1963-64, sia con lui che con Stanislav Genrichovič (oppure Stasik, come tutti noi lo chiamavamo), e dopo la scomparsa di Genrich Gustavovič solo e costantemente con Stasik. Non mi ricordo se sono mai stato nella sua casa a Mosca: per le lezioni ci si incontrava sempre al Conservatorio, nella classe n.29, dove io preferivo suonare sul vecchio Bechstein, situato vicino alla finestra. Ma qualche volta Stasik insegnò anche in un'altra aula, forse nella 22a, di fronte alla classe di Rostropovič.

V. V. Ma quando studiavi ancora sia con il padre che con il figlio, avevi l'impressione che la seconda lezione fosse la continuazione della prima, oppure erano riscontrabili contraddizioni in senso musicale? 

R.L. Non mi sembrava che si trattasse proprio di una continuazione. Diciamo così: da Genrich Gustavovič ottenevo non semplicemente la descrizione, ma direttamente il disegno della struttura della musica, e non con l'aiuto della secca terminologia, ma in tutti i modi, con esempi da altri generi d'arte, da altre composizioni musicali, per spiegare la forma, dare un'idea della sostanza dell'opera, che io allora non possedevo. E se da Genrich Gustavovič ricevevo lezioni sull'arte dell'interpretazione, invece da Stasik, due volte alla settimana, ottenevo esattamente quello che allora mi serviva, nel senso più terreno: la disciplina dell'esecuzione, la fedeltà al testo. Stasik in questo senso era terribilmente scrupoloso; ho paura di esprimermi male, ma egli insegnava a lavorare sui dettagli come se si stesse smontando a pezzetti una macchina, per spiegarne il funzionamento. Questo era il percorso verso l'esecuzione artistica al pianoforte. Io avrei dovuto attraversare tale strada, come chiunque, per capire le cose più elementari delle quali la musica è composta. E se da Genrich Gustavovič era necessario presentarsi alla lezione solo quando l'opera era più o meno pronta, da Stasik andavo sin dall' inizio dello studio del pezzo. 

V. V. Quindi, se ho capito bene, Stasik ti ha aiutato ad orientarti correttamente nel testo e ti ha insegnato a lavorare?

R.L. Sì, mi ha insegnato il rispetto per il testo, mi ha insegnato ad osservarlo, e questa è la base per qualsiasi interprete. Naturalmente si tratta di una cosa del tutto elementare, ma in realtà cose simili sono comprese davvero da pochissime persone. Una tale impostazione deve diventare la prassi, l'esercizio, al quale partecipano costantemente gli occhi e lo spartito; deve diventare una reazione obbligatoria e naturale, ma non cieca: una reazione consapevole alle note nello spartito. E Stasik questo lo sapeva fare meravigliosamente, anche se all'epoca molti dei suoi allievi, ed io tra di loro, volevano diventare artisti subito. Inoltre la sua mano, forse nella propria struttura non molto fortunata (oggi l'avrei guardato, certamente, in modo diverso), è riuscita a procurarmi, nonostante tutto, un'enorme impressione, puramente espressiva, senza alcuna esagerazione: soltanto guardando le sue mani ho imparato il suono pianistico, cioè i colori, la varietà.

V. V. L'ho pensato anch'io, ascoltando i tuoi ultimi concerti. 

R.L. Non si riesce ad impararlo solo ascoltando. Ascoltare non è tutto. Nel movimento della mano, nell'atto stesso del suonare, ci deve essere una certa espressività. 

V. V. Quando tre anni fa sono tornato a Mosca per assistere al centenario della nascita di Genrich Gustavovič, mi è capitato, durante uno degli incontri tra gli allievi di Neuhaus, di ascoltare un racconto di Vera Gornostaeva. Una volta ella chiese al Professore: « Genrich Gustavovič, da che cosa dipende il suono?» Ed egli rispose: « Come da che cosa? Naturalmente dal cuore! » Ma poi è rimasto sopra pensiero, si è fermato ed ha aggiunto: « No, certamente anche dall'udito ». Cioè Genrich Gustavovič univa due elementi, l'udito ed il cuore, mentre nel concetto di talento includeva la passione e l'intelletto. Per quanto riguarda Genrich Gustavovič - lo possiamo dedurre anche dalle sue incisioni - il suo suono meraviglioso era, a mio avviso, un dono di natura. Tu ritieni che per Stanislav il suono fosse oggetto di una cura particolare, oppure era anche per lui una questione di intuizione? 

R.L. Credo che provenisse da tutto l'insieme della sua espressività, sia come persona che come artista. Non so se la sua mano abbia avuto su tutti lo stesso effetto che ha avuto su di me. Bisognava vedere quel suo gesto, quella sua attitudine al pianoforte: è proprio quel dono innato che possiede un uomo che sa che cosa vuole dalla musica. E' come dirigere, ma dirigere in maniera più naturale. Ecco, Stasik mostrava, e con questo contemporaneamente aiutava a sentire persino visualmente. E' chiaro che nei primi anni io lo imitavo, ed egli ha saputo mostrarmi come ottenere la naturalezza utilizzando i fraseggi più svariati, il peso, il legato, come riuscire a suonare senza tensione, come percepire tutti questi vari modi della tecnica. Anche se (non sarà forse inopportuno dire anche qualcosa di negativo in questa nostra conversazione su Stasik?) ogni tanto, a mio avviso, nel suo modo di suonare c'era qualcosa di eccessivo: diciamo che esagerava tutta questa espressività, che derivava dal suo temperamento; era una figura fortemente romantica, mentre io già allora avevo inclinazioni del tutto diverse. 

V. V. Già allora tu sentivi che Stasik suonava, in un certo senso, in maniera troppo espressiva? 

R.L. Volevo dire che la natura di ogni persona e la sua artisticità devono manifestarsi in modo tale di trasmettere ciò che per questa personalità e per questo artista è più naturale possibile; e in modo che alla fine di tutto, dopo tutto il lavoro intellettuale e l'analisi dettagliata, non resti nessun, per così dire, "resto del lavoro".

[...]


* Radu Lupu tenne un recital all'Auditorium di via della Conciliazione in Roma il 4 maggio 1990.


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Lo Schumann di Richter (Bruno Boccia, 1963)

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« il est question de silence » (Marcel Beaufils)
Lo Schumann di Richter 
per Bruno Boccia

(1963)
Una interessante recensione di un disco schumanniano, edito dalla EMI "Voce del padrone", di B.Boccia 


Recensendo tempo fa un disco inciso da Richter, prima che egli suonasse a
Roma quest'inverno, non ho nascosto la mia violenta ammirazione per un pianista che, come lui, riesce a vitalizzare la musica che troppe esecuzioni, troppi pianisti, rischiano di anemizzare seriamente. Ho insistito su questa facoltà di Richter, favorendo l'impressione che io lo anteponessi a tutti i più grandi concertisti di oggi. In verità l'incandescenza delle sue interpretazioni è unica, e in quanto tale non ha uguali: direi che è la sua caratteristica più spiccata, più efficace. Dopo un concerto di Richter, infatti, occorre uno sforzo per liberarsi dal suo fascino, e per rendersi conto che, nel complesso, non tutto è plausibile, che vi sono errori di gusto, intemperanze, eccessive libertà. Con tutto ciò, questo disco conferma l'indimenticabile impressione che il pubblico di Roma, di Palermo e di Venezia ha ricevuto ascoltando dal vivo l'ormai celebre pianista. Schumann è l'autore che più gli è congeniale, che contribuisce a rendere efficaci le turbolenze del suo stile pianistico, ora tutto teso in violenti slanci virtuosistici, ora intento a cesellare una melodia, a chiarirne i più riposti echi nel discorso musicale, sempre impegnato a creare un'atmosfera quanto più possibile cangiante e variegata da mille sottintesi poetici, che talvolta possono sembrare troppo accentuati, ma che alla fin dei conti sono sempre affascinanti. 
[....] La Sonata op. 22, invece, traduce l'esigenza di Schumann di affrontare la prova, assai impegnativa, della grande forma-sonata, un genere dai precedenti illustri, e in cui egli apporta il colore tipico della sua musica, ora violenta e tumultuosa, ora lieve e sognante, ripiegata nell'estasi più ineffabile. [....]
Come interpreta Richter queste pagine famose ?
Su Richter le cronache italiane hanno detto tutto. E' stato il pianista più discusso,

quello che ha suscitato amori e odi, e le reazioni le più contrastanti. Nel pianismo di Richter c'è, sostanzialmente e soprattutto, un estro altissimo, tenuto continuamente in bilico su voragini profondissime. Se però egli è toccato dallo stato di grazia, non ci sono, allora, più punti di paragone col pianismo usuale che la tradizione e la letteratura hanno configurato. E' il caso, come massima semplificazione, dell'Andantino della Sonata op. 22 che è difficile uguagliare nel suo colore fondo, nella sua risonanza inquietante, in quel senso verso la vertigine del silenzio, in quei lenti episodi sonori, profondi come abissi, vere spirali d'angoscia. Quest'Andantino non rientra nella sfera della «romanza»: « il est question de silence » scrive M. Beaufils e Richter dà vita sonora a questo profondo universo schumanniano con una congenialità perfetta di rispondenza lirica, dando spazio e ritmo a un silenzio metafisico, a zone di dolci malinconie che segnano nettamente il contrasto con le pagine ardenti e tumultuose del tempo precedente e con quelle demoniache e d'impronta kreisleriana dello Scherzo e del Rondò finale. Anche dei Papillons e del Carnevale di Vienna Richter si conferma interprete squisito: tutta la «difficile» poesia schumanniana è stata enucleata dalle complesse strutture di un discorso sintattico estremamente complesso e rivelata con chiarezza eccezionale cui ha corrisposto una trasparente poesia del suono: quegli accordi e ritmi poderosi, affastellati da tanti pianisti, si configurano come tanti archi di luce in una grande nettezza di prospettiva. 

DISCOTECA. 1963 - Sviatoslav Richter: Opere di Schumann (Voce del padrone QALP 10355 - 30 cm.)



L'insigne musicologo e scrittore Bruno Boccia sarà parte del comitato d'onore dell'Associazione Musicale "Heinrich Neuhaus", che nel 1993, lo vedeva accanto a Valerij Voskobojnikov, Vladimir Ashkenazy, Roman Vlad, Franco Mannino, Radu Lupu e Miliza Neuhaus. Con presidente onorario Svjatoslav Richter. Scomparve nel 1994.   



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Esposizione Akhvlediani da Richter (Nodar Chatiashvili)

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Il Blog nel Centenario della nascita di Sviatoslav Richter

L'esposizionedeiquadri diElena Achvledianinell'appartamento diSviatoslav Richter

di Nodar Chatiashvili






Traduzione [e note] di Valerij Voskobojnikov. 
Revisione del testo di Corrado Grandis 


  Ogni tanto, dopo il lavoro, andavo a trovare Elena Dmitrievna Achvlediani (la zia Ellička), e non solo per godere dei suoi quadri o per visitare il suo salotto, laddove si riuniva il fiore della intellighenzia georgiana, ovvero le "celebrità" che dall'Unione o dall'estero passavano da lì, ma anche per parlare o semplicemente restare silenzioso vicino alla grande personalità, così individuale, priva d'inibizioni, generosa, e infinitamente buona. 

Quella sera, per non disturbare la zia Ellička, sono salito da lei al secondo piano come facevo di solito, ovvero non attraverso l'ingresso principale bensì dalla porta posteriore, dalla via Perovskaja (un piccolo cortile, la scala, una lunga loggia). Ho superato la lunga stanza soppalcata, tutta colma di ritratti della padrona (di casa), e dei quadri d'altri pittori a me piaceva più di tutti il ritratto dipinto da Šuchaev, mentre, avvicinandomi alla colonna portante centrale - rifatta con delle decorazioni tipo dedabodzi e che divideva l'enorme stanza in due parti, quella dello studio e la sala d'esposizione - rimasi impietrito. Meravigliato, Sviatoslav Teofilovič Richter mi stava guardando. Io non  credevo ai miei occhi. 
Fui risvegliato dalle parole di zia Ellička:
- Perché stai lì impalato come tu fossi un povero parente, - pronunciò fissandomi. 
 - So che hai sentito parlare di Slava e Nina, ora fai la loro reale conoscenza. 
Sul momento, l'attenzione era concentrata su di me, mentre ci presentavamo con la moglie di Richter, Nina L'vovna Dorliak e con lui stesso, avevo probabilmente l'aspetto d'un idiota. Per fortuna loro ripresero l'interrotta conversazione, mentre io ebbi modo di riprendermi. Soprattutto erano la zia Ellička e Sviatoslav Teofilovič che parlavano, mentre Nina L'vovna interveniva qualche volta con isolate frasi, ma principalmente guardava Richter ed i quadri attaccati sulle pareti. Ricordo chiaramente il momento in cui Nina L'vovna si alzò e, avvicinandosi ad uno dei quadri appesi dietro a Richter, si rivolse a lui cominciando a raccontargli alcuni momenti del loro soggiorno in Georgia. All'improvviso mi sembrò di vedere una delle versioni di certe tele di Picasso. Non più una ragazza, ma ugualmente elegante e graziosa, più disinvolta a mantenere l'equilibrio sulla palla, raffinata e radiosa, con tutte le sfumature dei sentimenti, appartenenti solo ad una DONNA per la quale esiste un unico grande UOMO, a cui sta prestando ascolto. Certamente non c'era nulla in comune tra il quadro di Picasso e la mia immaginazione, tranne un'apparente somiglianza. Un possente atleta, seduto sicuro sulla bitta e la ragazza sulla palla, anche se...
All'indomani c'era il concerto nel nuovo edificio della filarmonica. Grazie a Irina Kalandadze, per lei zia Ellička era davvero sua zia, io entrai ma non stavo in sala, bensì sul palcoscenico, tra gli amici di Sviatoslav Teofilovič. Pur essendo un grande onore questo non mi diede la possibilità di bearmi dell'esecuzione del grande pianista. Non riuscivo ad evitare di guardare gli occhi delle persone sedute in sala. Dopo il concerto tutti gli amici aspettavano che Richter e Dorliak uscissero e si incamminarono verso la casa della zia Ellička, a piedi per la via Kiaceli deserta e silenziosa, lei abitava vicino alla filarmonica. Richter era assediato dagli ammiratori estasiati del suo talento. Nina L'vovna e zia Ellička camminavano assieme, poco più in là. Nina era preoccupata per la salute di Sviatoslav Teofilovič, in quanto l'aria condizionata gli soffiava fredda sulla schiena. Zia Ellička con la sua tipica dolcezza la tranquillizzava.

Prima della partenza di Nina L'vovna e Sviatoslav Teofilovič per Mosca, ricordo come questi insistevano per organizzare un'esposizione dei suoi quadri a casa loro. 
Zia Ellička non si convinceva, per il motivo che questa mostra avrebbe comportato un grande lavoro mentre lei non aveva più le forze necessarie, ma Sviatoslav Teofilovič, già preso da questa idea, non la lasciava in pace. Alla fine zia Ellička accettò ma a patto che Richter gli promettesse di allestire una esposizione dei suoi quadri da lei. E Richter ne fu felice, dandole un tenero bacio sulla guancia, che gentilmente lei accettò. 
Vidi per la prima volta in tanti anni che lei non rifiutava tale dolcezza manifesta.

Prima della mia partenza per Leningrado, e poi per Mosca per discutere la tesi di laurea, passai per un minuto dalla zia Ellička per salutarla. Quando stavo per andarmene, all'improvviso zia Ellička mi chiese:
- Parti per molti giorni?
- A Leningrado per due settimane, poi a Mosca per una settimana...
- Allora lasciami il tuo indirizzo, dove ti fermerai. Forse ci vediamo là.
 Naturalmente lasciai tutti i miei possibili recapiti. 
Io odio il freddo, la fanghiglia. A Mosca il tempo era proprio così. Passavo tutto il tempo alla IFS (Istituto di Geofisica), nei vari laboratori, e mi accordai sulla data della tesi. Ero stanco. Appena tornato a casa, prima di spogliarmi, sentii la voce scontenta di mia suocera:
- Ha telefonato una certa Ellička, ha pregato di chiamarla a questo numero, - e dopo avermi consegnato un biglietto con il numero segnato, si allontanò   in modo plateale.
Telefonai subito. Non feci in tempo a salutarci che sentii la voce della zia Ellička:
- Stai bene? 
- Beh, si. Risposi senza farci caso.
- Non tossisci, non starnutisci?
- No. 
- Allora vieni subito da Slava. Indirizzo  - Bol'šaja Bronnaja, 2 interno 59.      Hai capito? Lo troverai?
- Si, certamente. Ma in che modo...
- Quello che è venuto per appendere i quadri è raffreddato, starnutisce,    tossisce. Nina è preoccupata per Slava.. Adesso hai capito? 
-Si, certo!
Tutta la stanchezza scomparve. Il mio aspetto vigoroso rallegrò tutti. I gentili proprietari si preoccupavano se avevo fame. Naturalmente, dissi di no anche se mentre tornavo a casa sognavo i "pelmeni" siberiani della suocera [tortellini russi].
Mi accompagnarono nella grande sala, dove c'era il pianoforte, mentre appoggiati al muro di fronte alle finestre stavano i quadri di zia Ellička, in un ordine prestabilito. Mi sembrava che di lavoro c'è ne fosse per un'oretta, ma ahimè. ...I minuti di un breve intervallo furono riempiti dai racconti di Nina L'vovna e Sviatoslav Teofilovič, persino di zia Ellička, su come si persero i quadri per poi ritrovarli, ma in tutt'altra stazione merci e di come furono finalmente trasportati e consegnati nell'appartamento di Richter. 
Di tutto il racconto, se fossi uno scrittore-umorista si sarebbe potuto comporre uno spassoso sketch sulla nostra stupida incapacità di condurre l'azienda-stato, ma io mi ricordo solo il racconto di zia Ellička:
"Arriviamo alla stazione. Davanti ad uno sportello è ammassata una spaventosa fila. Slava prende posto alla fine. Noi con Nina ci siamo guardati, e siamo andati in avanti. Tutt'attorno il fango, le pozzanghere. Trascorsi circa 15 minuti arriviamo da un certo capo. Quando finalmente questi capisce che noi siamo venuti per i quadri e che da lui sono arrivati per errore, e che in fila sta aspettando al freddo il celebre in tutto il mondo Svjatoslav Richter, lui annuncia al microfono: "Il violinista Richter, famoso in tutto il mondo, è pregato di recarsi nell'ufficio del capo dei trasporti per la consegna dei documenti per la ricezione dei quadri". Slava naturalmente non venne subito, e fu recuperato da Nina. Lui sicuramente pensava di dover fare tutta la fila e per questo motivo non ha prestato nemmeno attenzione all'annuncio".
Tornai a casa verso la mezzanotte, mentre dei quadri ne appendemmo solo poco più della metà. Ci accordammo che sarei tornato all'indomani alle cinque, subito dopo il lavoro. Nina L'vovna mi pregò di non tardare, perché senza me non avrebbero cominciato a cenare. Effettivamente mi stavano attendendo, nella parte [dell'appartamento] di Nina L'vovna ci aspettavano una varietà di pietanze georgiane, mentre nei calici il vino Kindzmareuli aspettava le nostre labbra e il brindisi del tamada" [l'usanza georgiana prevede che in ogni pranzo sia l'ospite a scegliere il vino, e che al brindisi sia lui preposto a pronunciare un discorso molto elaborato e prolisso]. Per fortuna fui rassicurato che quest'oggi non sarebbe stato necessario pronunciare i brindisi perché ci aspettava una mole di lavoro che bisognava concludere entro la giornata.
Quando mi portarono il mio piatto preferito, il savizi [pollo con salsa di noci], e stavano per cambiare le posate, io, facendomi coraggio, chiesi:
- Sviatoslav Teofilovič, si dice che lei abbia studiato con Neuhaus, ma dalla sua maniera di suonare non lo si direbbe.
- Da Neuhaus ho appreso la maniera di stare seduto alto...Neuhaus per me è stato come un padre. Abitavo da lui. Egli liberò il mio suono e mi fece capire il senso delle pause...
- E di Neuhaus stesso, lei cosa pensa del suo modo di suonare?
- Lo stesso Neuhaus suonava in modo disuguale. Ricordo un suo concerto con opere di Schumann. Le Sonate furono eseguite in modo spaventoso, ed invece la Kreisleriana fu un miracolo, così non l'ha mai suonata nessuno.
- E lei a cosa sta lavorando in questo momento?
- Devo completare di registrare a Vienna il II volume del Clavicembalo ben temperato. Vorrei suonare Scarlatti, Schönberg ma non ho più le forze. 
- Chi tra i compositori gli è più vicino?
- Amo Haydn: è così fresco, amo Haydn più di Mozart.
- Forse a causa del suo temperamento?
- No. In realtà sono un uomo freddo, nonostante tutto il mio temperamento. Mi conosco bene - ci sono delle cose che danno fastidio non nella musica, ma nella vita. Io non mi piaccio.
- In che cosa?, mi meravigliai.
Ma non potemmo finire la conversazione e ci chiesero di appendere i quadri.

[V.V.: Stranamente queste ultime risposte di Richter assomigliano alle sorprendenti confessioni riprese nel film di Monsaingeon. Non ci sarà una certa influenza nei ricordi dell'autore dell'articolo?]
A tarda notte, quando rimanevano solamente due quadri, la zia Ellička non si convinceva a trovar loro il posto, in maniera tale che nell'insieme la composizione potesse soddisfarla. Sviatoslav Teofilovič per due volte gli propose delle varianti ma lei non era convinta. Ci chiese persino che ci allontanassimo perché non riusciva a concentrarsi. Ci allontanammo e per un po' rimanemmo in silenzio. Ero piuttosto ottuso per la mia stanchezza, ma ecco che sentii la voce sussurrante di Sviatoslav Teofilovič: "Ma anch'io me ne intendo un po' di pittura, e della esposizione...". Al che potei rispondere solo: "Ma lei conosce Elena Dmitrievna". Finalmente, tra la gioia generale, la zia Ellička trovò una soluzione brillante che piacque a tutti. Dopo mezzanotte arrivai a casa. La suocera, scontenta, mi aspettava. Mettendomi a letto pensavo con orrore alla discussione sulla tesi di domani.  Ma ero talmente stanco, che mi addormentai all'istante.
La discussione preliminare era andata bene. Dopo le congratulazioni degli amici mi avvicinò uno dei responsabili di laboratorio e mi chiese, se ero naturalmente d'accordo, d'illustrare alcuni aspetti più dettagliati della tesi nel suo reparto, però subito all'indomani, che era domenica, perché il lunedì lui sarebbe partito per la Kamčatka. Ci accordammo per le dieci, pensando che avrei concluso la relazione entro l'una, senza tardare all'inaugurazione della mostra.
Arrivai alla mostra come un limone spremuto. Non c'era più quasi nessuno dei visitatori tranne i più famigliari. Tutti loro sono fissati sulla foto. Io, naturalmente, cercai di spiegarmi che mi ero appassionato del tema a cui mi ero dedicato, perdendo la mia cognizione del tempo...mi persi...Sviatoslav Teofilovič non mi fece finire la frase, e disse:
- Certo, lei ha perso molto. Io sono stato un garçon irresistibile, con l'asciugamano bianco sul braccio ed il vassoio di champagne, prima, e simile ad un buttafuori poi. 
Ben presto anche i pochi amici rimasti cominciarono a salutarci. Prima del commiato, Nina L'vovna mi chiese se all'indomani, appena finiti i miei impegni all'Istituto, fossi tornato da loro. Accettai con gioia e lo promisi. Così, verso le due del pomeriggio, dopo aver finito al IFS, ero già lì a suonare alla porta.
Nina L'vovna mi aprì e disse sottovoce: "Come sono contenta che lei sia venuto. Slava sta ripassando il Clavicembalo ben temperato e lei potrà ascoltarlo se si mette vicino alla porta". Accettai subito. Si sentiva benissimo. Non appena iniziai ad orientarmi, la porta d'un tratto si aprì e comparve Sviatoslav Teofilovič, con un asciugamano da bagno sul collo. Si meravigliò nel vedermi seduto tra le due porte e non in sala. Poi tornò è riprese più volte il ventesimo brano. Ascoltavo come fossi ipnotizzato, non potendo nemmeno immaginare che lo stesso pezzo si potesse interpretare nei modi più differenti, scoprendo sempre il tema così interessante. Dopo, lui mi chiese quale delle varianti mi fosse piaciuta di più, ma non potei dare la preferenza a nessuna delle esecuzioni. Ben presto entrò la zia Ellička, assieme alla cuoca per preparare le pietanze georgiane ed ancora altri ospiti. Sviatoslav Teofilovič mi disse, come se avesse capito che volevo fargli delle domande su vari argomenti:
- Lo vedo che hai una grande voglia di farmi delle domande. Dai chiedimi.
- Si dice che lei al primo concorso "Čaikovskij" ha messo solo a Van Cliburn il massimo dei voti...
- È vero.
- E che quando lei è stato in America lo ha ascoltato di nuovo.
- Si! Ma lì non mi è piaciuto.
- Lei ha suonato molte opere di Prokof'ev, gli piace come compositore e   come uomo?
- Come compositore - Si,  come uomo - No. Era un uomo molto duro, sapeva a volte "sbatterti al muro"... ma è un compositore geniale. Ha scritto la Zdravica su Stalin. Lei immagini quali testi dovevano essere, ma è un'opera assolutamente geniale.
- Che rapporto ha con il pubblico?
- Io non suono per il pubblico, suono per me stesso, e tanto meglio suono per me, tanto meglio il pubblico percepisce i miei concerti.
- Che cosa per lei è più importante nella musica?
- La cosa più difficile nella musica è il pianissimo.
- In televisione hanno trasmesso la sua esibizione con Rostropovič. Il vostro duo ha fatto una forte impressione non solo a me, ma anche a molti miei conoscenti, musicisti professionisti. E a tutti ci dispiace che lei...
- Non sono io che non voglio suonare con lui, è lui che non vuole condividere ne gloria ne denaro...
A questo punto ero confuso. La pausa che ci fu subito interrotta da Zaira Ratiani  (direttore della Casa del cinema), che si rivolse a Richter:
- Sviatoslav Teofilovič, lei spesso si reca all'estero. Probabilmente ha la possibilità di confrontare ciò che proiettano da noi e ciò che mostrano là.
- Io non ho questa possibilità, ma posso dire ciò che mi dicevano coloro che hanno visto. Si ricorderà del film che da noi fu proiettato col titolo "La zitella"...
- Si! certo! La zitella era recitata da Annie Girardot e il suo innamorato da Philippe Noiret.
- Da noi loro si separano dopo la vacanza...
- Molto commovente.
- Invece nella versione francese loro s'incontrano in un bordello parigino.
Ci indignammo tutti per gli interventi della nostra censura. Arrivò il momento di salutarci. Sviatoslav Teofilovič come ricordo mi regalò una cravatta portata da Parigi. La conservo come una reliquia.
P.S. Quando ho finito di leggere questi ricordi a mia moglie, le ho chiesto: perché sorridi?
- Quando tu descrivevi l'incontro con Svjatoslav Richter, a Budapest mi sono ricordata di un racconto alla radio di un giornalista. Quando Richter arrivò a Budapest, uno dei suoi ammiratori ha fatto di tutto per incontrarlo. E siccome conosceva solo l'ungherese, invitò un traduttore. Richter era talmente occupato che questo incontro ebbe luogo solo prima del suo rientro a Mosca. Si incontrarono nella Hall dell'albergo dove Richter soggiornava. L'ammiratore si presentò ed invitò Richter con un gesto ad accomodarsi. Il traduttore stava ritardando. Il silenzio divenne insopportabile e all'improvviso l'ammiratore sparò: Wat's your name? E perciò! Come eravamo ingenui! Io amo questo film. L'ho visto e a Budapest e a Parigi. E in nessun bordello loro si incontrano.

Di Nodar Chatiashvili 



Fonte: David's Shield Inc. 8/2012  Русский PDF

Nodar Chatiashvili, Zaira Ratiani, Natalja Žuravlëva, un'amica di Nina e Sviatoslav, Elena Akhvlediani, Richter.


[Valerij Voskobojnikov:
Nodar Chatiashviliè scrittore di successo, regista cinematografico e di professione  uno scienziato nel campo della geofisica ed elettrochimica. Dal 1990 vive a Budapest. 
Nel Diario di Richter, quello originale, in russo “O muzyke”, c'è un appunto datato con il n.172 in data non stabilita, tra il 3 e 30 maggio.
Sulla sinistra l'elenco delle opere ascoltate: Saint-Saëns concerto n.5 (S.R.) (insieme a: Poulenc! Concerto per due pianoforti  concerto da camera. Core. Les Forains Concerto piano. (V. Devetzi)
Alla esposizione di Elena Achvlediani.
Sulla destra il commento di Richter:
“La mostra di Elena Dmitrievna Achvlediani ricordava vagamente un bazar. Nel senso della quantità dei quadri esposti e del pubblico (non il migliore). Lei ha desiderato ed ha ordinato che durante tutta la esposizione si sentisse la musica (!) ed ecco, io ho scelto le opere che più o meno si adattavano a questa situazione e così ho soddisfatto il desiderio della pittrice.” 
Altri due appunti riguardano due date nel mese di gennaio 1977 e sempre di gennaio del 1981 “In memoria di Elena Dmitrievna Achvlediani” ]. 



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"L'Azur" de Stéphane Mallarmé (a Slava)

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Mallarmé sulla notazione musicale: 
"macabre processioni di segni severi, casti, sconosciuti"


(A Slava. C.G.)

"L'Azur" de StéphaneMallarmé




« De l'éternel azur la sereine ironie
Accable, belle indolemment comme les fleurs

Le poète impuissant qui maudit son génie

A travers un désert stérile de Douleurs.   
Fuyant, les yeux fermés, je le sens qui regarde. Avec l’intensité d’un remords atterrant, Mon âme vide, Où fuir?Et quelle nuit hagarde. Jeter, lambeaux, jeter sur ce mépris navrant? 
Brouillards, montez! versez vos cendres monotones
Avec de longs haillons de brume dans les cieux
Que noiera le marais livide des automnes
Et bâtissez un grand plafond silencieux! 
Et toi, sors des étangs léthéens et ramasse
En t’en venant la vase et les pâles roseaux
Cher Ennui, pour boucher d’une main jamais lasse
Les grands trous bleus que font méchamment les oiseaux. 
Encor! que sans répit les tristes cheminées
Fument, et que de suie une errante prison
Eteigne dans l’horreur de ses noires traînées
Le soleil se mourant jaunâtre à l’horizon! 
– Le Ciel est mort. – Vers toi, j’accours! donne, ô matière
L’oubli de l’Idéal cruel et du Péché
A ce martyr qui vient partager la litière
Où le bétail heureux des hommes est couché.
Car j’y veux, puisque enfin ma cervelle vidée
Comme le pot de fard gisant au pied d’un mur
N’a plus l’art d’attifer la sanglotante idée
Lugubrement bâiller vers un trépas obscur… 
En vain! L’Azur triomphe, et je l’entends qui chante
Dans les cloches. Mon âme, il se fait voix pour plus
Nous faire peur avec sa victoire méchante,
Et du métal vivant sort en bleus angelus! 
Il roule par la brume, ancien et traverse
Ta native agonie ainsi qu’un glaive sûr
Où fuir dans la révolte inutile et perverse?
Je suis hanté. L’Azur! L’Azur! L’Azur! I’Azur! »



«Dell'eterno azzurro la serena ironia
opprime, indolentemente bella come i fiori,
il poeta impotente che maledice il suo genio
attraverso un deserto sterile di Dolori.
Fuggendo, gli occhi serrati, io lo sento che guarda
con l'intensità di un rimorso schiacciante,
l'anima vuota. Dove fuggire? E che notte truce
gettare a brani su quello straziante disprezzo?
Nebbie, salite! versate le vostre ceneri monotone
con dei lunghi brandelli di bruma dentro i cieli,
a inondare la palude livida degli autunni
e costruire un enorme soffitto si silenzio!
E tu, esci dagli stagni letei e raduna
a te venendo la melma e le pallide canne,
caro Tedio, a tappare con la mano mai stanca
i grandi fori turchini che fanno, malvagi, gli uccelli.
Ancora! senza respiro i tristi caminetti
fumano e di fuliggine un'errante prigione
estingue nell'orrore dei suoi strascichi neri
il sole che declina giallastro all'orizzonte!
Il Cielo è morto, - A te accorro, dai, o Materia,
l'oblio dell'Ideale crudele e del Peccato,
al martire che viene a dividere lo strame
dove il gregge felice degli uomini si giace,
ché io voglio, infine, poiché il mio cervello, vuoto
come il vaso di bistro gettato ai piedi del muro,
non ha più l'arte di ornare la singhiozzante idea,
lugubremente annoiarmi verso un trapasso oscuro...
Invano! L'Azzurro trionfa, io lo sento che canta
nelle campane. Anima mia, si fa voce per più
farci paura con la sua vittoria malvagia,
e dal vivo metallo esce in celesti angelus!
Trascorre tra la bruma, antico e trafigge
la tua nativa agonia come una spada sicura;
dove fuggire nella perversa e vana rivolta?
Io sono ossesso. L'Azzurro! L'Azzurro! L'Azzurro! L'Azzurro!
»
(traduzione di Massimo Grillandi) 


(S. Mallarmé, L'Azur. 1864)


"Je flotte sur des vagues..." (Monde de la musique 1989)

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Je flotte sur des vaguesqui se recouvrent d'art et de vie...
Rembrandt, Danaé. 1636



Je ne suis pas absolument bête, mais pas talentueux pour penser, par faiblesse ou par paresse ; je ne sais que réfléchir : je suis un miroir. Sviatoslav Richter


LE MONDE DE LA MUSIQUE 1989

D'égal à sa passion et à sa nervosité, que son sang-froid. Dans telle loge, avant qu'il n'entre en scène, on lui présente une lettre atroce d'un vieil ami, outrageuse et par là-dessus lui annonce qu'un fou vient de lacérer une toile de Rembrandt du musée de l'Ermitage, Danaé, qu'il juge la meilleur sans doute et qui trônait dans son panthéon artistique. Une fureur l'envahit, la même qu'il éprouva pour le jeune assassin de Pasolini, qu'il eût lynché avec plaisir, car ce n'est pas l'homme qu'on avait abattu, mais l'art, qui prime l'homme. Après le concert, il décide qu'une telle lettre, on ne peut que l'ignorer, mieux, ne l'avoir pas reçue. Peu après, il en retrouve l'auteur et leur amitié de près de quarante ans reprend comme si de rien n'était. Nous nous exaltons de paroles acerbes qui s'appellent l'une l'autre, à un tiers ou en nous-mêmes, que nous y roulons incessamment, sur un être aimé auquel elles nous livrent liés dans des chaînes de haine mais par en-dessous cette  effervescence factice gisent les sentiments vrais qui nous y attachent.

Il se fait que le mal que nous disons — souvent par légèreté — des êtres que nous aimons, où sommes censés aimer, trame un retour vers eux, et nous y rattache.
Du moment qu'on ne peut, ou ne veut se passer d'un sentiment pour un être, quoiqu'il ait fait on poursuit de l'aimer, en dépit de lui, et de soi. 


La logique n'existe pas pour moi, je flotte sur des vagues qui se recouvrent d'art et de vie, et ne saurais toujours bien démêler ce qui ressortit à l'une et à l'autre ou qui l'emporte d'elles deux. Si c'est la vie, elle se déroule en moi à la manière d'un théâtre qui me présente une collection de sentiments quelque peu irréels, quand les choses de l'art ont tant de réalité et me vont droit au cœur. Pourtant, comme je suis plein de souffrance et de peurs !
Des pensées et des images tristes et sauvages...Il m'arrive de n'avoir pas peur avant le concert, dont je m'inquiète, car c'est signe d'indifférence : je ne suis rien qu'un homme de concert et les jours du concert comme une victime isolée dans les affres d'une catastrophe imminente. Je n'avais pas peur avant mon récent concert de Paris, Salle Pleyel, non, je n'étais que méchant et davantage à mesure que les œuvres se déroulaient, sans que je pusse trouver la concentration : je n'en serai jamais maître : voilà mon vice capital. Il est des jours où tout ce qu'on profère sonne faux, jusqu'à ce qu'on croie n'avoir soi-même plus rien de vrai, et se condamne au silence et à l'impuissance. Au dernier concert de Londres,  j'étais dépourvu de tout sentiment, n'étais que chaos, et n'avais qu'horreur pour ce programme — et toute musique.

Je lui rapporte qu'un critique italien a jugé indigne de Richter qu'il jouât ces deux morceaux « débiles », dont tout son génie, n'en pourrait que faire, l'Introduction et Rondo à la burlesque, et la Mazurka élégiaque de Benjamin Britten.  

(Mêmement, dans sa louange du concerte de musique contemporaine, à Pleyel,  un critique exclut les deux préludes et fugues de Chostakovitch, mis au pinacle par l'un des premiers critiques autrichiens après le même programme à Vienne.)

Mais voyons, ce sont là deux petites pièces de jeunesse de Britten, sans prétention
mais jolies, comme il en existe chez tous les compositeurs, qui ouvraient convenablement le concert pour deux pianos — formation par ailleurs de répertoire bien pauvre — et reçues toujours avec la faveur du public. Bah !
 II faut bien critiquer et rejeter quelque chose... Mais ne désespérons pas que les critiques ne finissent par m'ouvrir les yeux, et les oreilles, et qu'il ne m' apparaisse sur le tard qu'ils comprennent mieux la musique que moi !
 Ils lui font leurs critiques qu'ils imaginent qui rehaussent les compliments, et eux- mêmes, en les sauvant de trop d'admiration. On aime à critiquer, par où on croit avoir du jugement et à louer, par où on croit n'avoir pas d'envie. On place très haut son admiration, jusqu'à s'agréger à ce qu'on admire et de cette crête où l'on enlace son idole, l'on jette un regard méprisant sur le reste du monde.

L'amour exclusif des plus grands est l'occasion de dédaigner les moindres, c'est- à-dire de se croire supérieur à qui encore nous dépasse, tout en n'étant pas envieux. Il y a telle admiration impure qui réjouit le critique et rejoint la critique, en permettant de mépriser ce que l'on n'admire pas. On fait souvent du bien pour pouvoir faire impunément du mal. (La Rochefoucauld)

L'on aime à trouver par où l'on se donne de l'importance, des raisons complexes et mystérieuses — lesquelles souvent concordent avec l'idée que l'on se fait d'eux sans en vouloir démordre — aux actes des autres, confondus de les apprendre, dont la source n'avait été que caprice ou hasard.


Le Monde de la musique 1989. Photo Decca

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Kairos or the supreme moment (Klaus Geitel)

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K A I R O S  or The Supreme Moment





Klaus  G e i t e l

Without ever going out of his way to do so, Sviatoslav Richter was always able to surprise his audience, purely and simply because he was always willing to surprise himself. He would happily abandon what he had tried out and practised, what had long seemed to him, after much careful thought, to be the ultimate solution, for the sake of a new idea that came to him quite suddenly and seemed to illuminate a new truth.

The ancient Greeks saw this "moment of opportunity" which Richter so repeatedly exploited as-being embodied in thegod Kairos, the shaven-headed youth with the long forelock by which he allowed himself to be seized as he sped by. Of all pianists it was Sviatoslav Richter who always trusted most deeply in Kairos.

Although he did make occasional slips - infallibility is dull - Richter was never discouraged, but sought in his playing the moment of spiritual awakening and worked it into his interpretation. This gave his interpretations life, fire, vigour, adventure and greatness.

Richter never played with absolute confidence, even though his tremendous capability and splendid technique seldom allowed anything of this to become evident. Not outwardly, at any rate. Inwardly, however, almost every concert brought some new misgiving. Artistic self-satisfaction was a concept unknown to Richter. He battled his way through the works at the piano as though it were a matter of life and death, as though he were a second Jacob: "I will not let thee go, except thou bless me".


From Sviatoslav Richter - a servant of music. By Klaus Geitel. 1995 
(booklet CD Philips Edition) 


Translation Mary Adams



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Rarità fotografica: Svjatoslav Richter a Roma nel 1992

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M a e s t r i   della   fotografia
Paola Agosti

🔻

SvjatoslavRichter, Roma 1992

Sviatoslav Richter 1992. Roma. © Paola Agosti
Retro della fotografia



Pubblicata anche in: Paola Agosti, Giovanna Borghese Mi pare un secolo. Ritratti e parole di centosei protagonisti del Novecento, Einaudi, Torino, 1992. 


Ringrazio Paola Agosti per il suo gentilissimo e generoso gesto, per questo ritratto del Maestro semplicemente straordinario. C.G.




© Tutti i diritti sono riservati ai legittimi proprietari (Fotografa Paola Agosti). Questa foto viene riprodotta in questo Blog con l'autorizzazione esclusiva dell'autrice stessa.

Sogni di inediti: con Bernstein alla Carnegie (foto)

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Al mio amico Giorgio (C-P)

Di Celibidache alla Scala e Bernstein alla Carnegie Hall, restano purtroppo solamente alcune fotografie e qualche testimonianza scritta. Ci saranno davvero queste registrazioni, riposte magari in qualche archivio fatiscente?


18 DICEMBRE 1960                     (NEW YORK)

SOGNI DI ASCOLTI ANCORA RIMASTI TALI

Prove con Leonard Bernstein alla Carnegie Hall. Una rara foto Wihtestone ©



18 Dicembre 1960. New York. Carnegie Hall. Leonard Bernstein, New York Philharmonic. Liszt: Concerto no. 2 in La; Čaikovskij: Concerto no. 1 in si bem. Bis: Rachmaninov: Prélude in sol min. opus 23, Prélude in Si opus 23.



New York Philharmonic - Season 1960-1961 
Program
LEONARD BERNSTEIN, Conductor - SVIATOSLAV RICHTER, Pianist  
LISZT Tone Poem, "Hunnenschlacht" (Battle of the Huns)
LISZT Concerto No. 2 for Piano and Orchestra, A major (In one movement) 
___________INTERMISSION___________

TCHAIKOVSKY Concerto No. 1 for Piano and Orchestra, B-flat minor. Opus 23

Allegro non troppo e molto maestoso — Allegro con spirito — Andantino semplice — Prestissimo — Tempo primo — Allegro con fuoco

SVIATOSLAV RICHTER
Mr. Richter plays the Steinway Piano

A special concert for the Pension Fund of the Philharmonic had the added attraction of Richter's first appearance with orchestra in New York, though he has given seven recitals this season in the metropolis. The program included the Liszt A major Concerto and that by Tchaikovsky in B flat minor. A relative novelty was Liszt's symphonic poem "Hunnenschlacht," one of the composer's less popular works. The audience was a capacity one an offered many ovations to the participants. The Music Magazine. 1960 


↪ Nathan Milstein : La performance di Richter era invidiabile, ma da un punto di vista musicale è stato uno scontro di individui diametralmente opposti. Richter non è affatto un pianista appassionato, così ha cercato di tenere tutto sotto controllo, mentre Bernstein sembrava uno spettacolo di tale ginnastica che quasi cadde fuori dal podio. C'è una certa eccessiva razionalità nella personalità di Richter, anche se lui è un grande artista.
E il solito Harold Schonberg.... 

Egorov: "sono fuggito nel 1976"

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Jurij Aleksandrovič Egorov
"sono fuggito nel 1976"

Da un'intervista contenuta in "Great Contemporary Pianists Speak for Themselves" di Elyse Mach: pag.53

Sono fuggito nel '76 (dall'Unione Sovietica, durante "un'occasione" italiana, vedi nota) e non vi ho fatto più ritorno 1]. Mi piacerebbe tornarci per visitarla, ma la cosa si fermerebbe li. Me ne sono andato per le stesse ragioni di tutti gli altri artisti: non
si può suonare certa musica, non si possono leggere certi libri, non si può viaggiare liberamente; semplicemente, non si può rimanere un uomo, dire ciò che si vuole e ciò che si sente. Le restrizioni sono infinite, potremmo parlarne per ore. Credo che tutto sia iniziato immediatamente dopo la rivoluzione. Alcune persone cominciarono a riconsiderare la rivoluzione stravolgendola, a cambiare opinione. Cominciarono a temere il governo, il Partito Comunista, perché riprese il controllo su qualsiasi aspetto della vita di milioni di persone. Centinaia di migliaia di persone furono assassinate, nel 1937. Ora non si può fare satira politica, un esempio, né criticare in alcun modo il diktat del Partito. Questo interessa anche la musica che si può eseguire o meno. Non c'è nemmeno bisogno che ti dicano cosa puoi o non puoi suonare; lo sai da te. Per esempio, avevo imparato con (Jacov) Zak un pezzo della Gubajdulina, che non è membro dell'Unione dei Compositori russi. Per ciò subito, nessuno volle più ascoltare la sua musica, questo è il motivo. Lei stessa abbandonò la Russia per queste ragioni: la sua musica non veniva pubblicata, né suonata, riceveva molte critiche negative, e, ovviamente, lei non faceva parte del Partito Comunista.
E nonostante l'insistenza del Partito sulla presunta uguaglianza di trattamento per tutti, i fatti lo smentiscono. Richter, ad esempio, in Russia è considerato un Dio, ed è estremamente libero 2]. Può fare tutto ciò che vuole. Organizza un'esposizione d'arte contemporanea a casa sua, e tutti lo vengono a sapere. L'élite di Mosca va a visitarla. E nessuno osa alzare un dito per impedirglielo. E se volesse suonare della musica di Gubajdulina, non avrebbe nessun problema. Anche Gilels gode della stessa libertà. Può andare e venire dagli Stati Uniti o da qualunque altro posto voglia.
Ci sono moltissimi giovani artisti oggi, in Russia, bravi pianisti, bravi musicisti, ma è molto più difficile per loro guadagnarsi da vivere con i concerti. Gilels e Richter vivevano così bene in Russia che sono tornati. Poi, si ricordi di quello che dicevo sul repertorio. Se Richter vuole suonare Webern o Schönberg, la musica è sì decadente, ma è Richter che la suona. Ci sono sempre eccezioni alla regola.



1] Giorgio Ceccarelli Paxton: maggio 1976: in occasione di un concerto programmato a Brescia dove avrebbe dovuto sostituire Benedetti Michelangeli, chiese asilo politico in Italia e dopo un mese passato a Roma in condizioni disastrose, poté andare ad Amsterdam dove si stabilì definitivamente, incontrandovi in seguito quello che sarebbe diventato il suo compagno di vita. 2] Vera Gornostaeva: “With his back completely turned to politics, being always outside the regime, outside authority, he ingeniously shielded himself from it. When he decided something needed to be done, Slava did it. He had no fear before the regime. He simply stood with his back to it”


© Tutti i diritti sono riservati ai legittimi proprietari. La fonte originaria viene sempre citata o collegata con un link alla stessa. In questo Blog OGNI citazione o riproduzione di brani/foto/immagini o di parti d'opere sono UTILIZZATI a soli fini di ricerca scientifico-artistica, il cui utilizzo avviene secondo finalità illustrative o di discussione e per fini NON commerciali. Nessun Adsens è introdotto, come altre forme pubblicitarie finalizzate al profitto. Rev. di traduzione già pubblicata in un forum italiano

Jacov Zak "...e la musica è tornata chiara"

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Il Blog nel Centenario della nascita di Sviatoslav Richter

Jacov Israïlevič Zak

...e la musica è tornata chiara, semplice e pura

J.Z. ("dal profilo goethiano" S.R.)

Jacov Zak, dopo uno dei concerti di Richter, disse (lo riprese in un suo articolo del 1946 Heinrich Neuhaus):

  • "Esiste una musica originale, grande e pura, semplice e chiara, tale alla natura; ma degli uomini sono arrivati e si son messi ad ornamentarla, a disegnare su essa degli arabeschi di ogni sorta, a rivestirla di maschere e di vestiti diversi, a deviarla del suo senso in tutti i modi. Ed ecco che Sviatoslav è apparso, e come in un sol gesto della mano, egli ha strappato tutte queste grossezze, e la musica è tornata chiara, semplice e pura..." J.Z.



  • ‘In the world there is music that is pristine, sublime, and clean, simple and clear, like nature; people came and started to decorate music, draw patterns on it, dress it up in masks and costumes, and distort its meaning in every way. Then Svyatoslav appeared, and with one movement of his hand wiped away all that excess, and music became clear again, simple and pure’. J.Z. 


4a nota In Vision Fugitive no.21 di "Du côté de chez Richter" di Jurij Borisov.



1937


Marina Vorozhtsova, meravigliosa flautista

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Marina Vorozhtsova, meravigliosa flautista 


Richter con Marina Vorozhtsova. Prokofiev Sonata per flauto op.94  *- 1984

[..]

The 1984 festival (December Evenings) was devoted to the composers of the 20th century : Igor Stravinsky, Sergei Prokofiev*, Dmitry Shostakovich, Bela Bartok, Paul Hindemith and Benjamin Britten. The exhibition of the graphic illustrations of Henri Matisse opened with Stephane Mallarme's book of "Poems" for which Matisse made the illustrations in 1932. Six concerts included verses by Soviet poets Bella Akhmadulina, Andrei  Voznesensky, Yevgeny Yevtushenko, Yunna Moritz and David Samoilov. Among the guest performers were the Sander String Quartet from the German Democratic Republic and the Takacs String Quartet from Hungary. (Travel to the URSS, 1987).




" Je compare mes deux feuilles à deux objets choisis par un jongleur. Supposons, [en rapport avec le problème en question] une boule blanche et une boule noire et d’autre part mes deux pages, la claire et la sombre si différentes et pourtant face à face. Malgré les différences entre les deux objets, l’art du jongleur en fait un ensemble harmonieux aux yeux du spectateur. " 

(Henri Matisse, à propos de l’illustration de Poésies de Mallarmé)

H.Matisse
Senza titolo: Pag. 54, in Poésies di Stéphane Mallarmé (Lausanne: Albert Skira e Cie, 1932). 



Marina Vorozhtsova, attualmente primo flauto nell'Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, ha suonato sin da giovane nel complesso da camera del Conservatorio di Mosca, diretto da Yuri Nikolaevskij e dunque vicino al Maestro (la vediamo ad esempio nello splendido Quinto Concerto Brandeburghese di Bach, nel lontano 1978, con Oleg Kagan), e fu invitata a suonare con lui la Sonata di Prokofiev nel 1984 e '85 (di cui esistono per ora solo registrazioni amatoriali).




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Éric Anther: "Je voudrais qu'on ne me reconnût pas"

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" Je voudrais qu'on ne me reconnût pas "

É r i c   A n t h e r



" Je voudrais qu'on ne me reconnût pas " : un idéal chez Richter, qui aspire à une absence d'interférence, telle qu'elle permette de refléter l'œvre de la manière la plus pure. Mais c'est justement dans le miroitement, le chatoiement, les opérations mystérieuses de cette personalité lisse, que l'œvre transparaît. L'artiste arrive à être un pur reflet, mais diamanté par les faccettes d'une nature lapidaire qui se dessine toujours en filigrane. Trahison du miroir et justesse suprême du miroir !










Fotografie scattate da © Éric Anther, amico e produttore discografico del Maestro, mentre si incammina verso la Chiesa di Notre-Dame de Misericordie a Rosan, fondazione dell'Abbazia Benedettina Notre-Dame de Fidélité a Jouques, Bouches-du-Rhône. Per la casa discografica Stradivarius


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Kazimir Malevič e lo "specchio suprematista"

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Altri appunti, riflessioni e domande sul fenomeno Richter

(e sullo specchio suprematista di KazimirM a l e v i č)







K.M. "Per suprematismo intendo la supremazia della sensibilità pura nell'arte. Dal punto di vista dei suprematisti le apparenze esteriori della natura non offrono alcun interesse; solo la sensibilità è essenziale. L'oggetto in sé non significa nulla. L'arte perviene col suprematismo all'espressione pura senza rappresentazione".

A Richter non sembrava affatto stravagante quell'idea secondo cui, nello Specchio Suprematista di Malevič, più si cerca di apprendere un "cosa" più ci si allontana da essa, e non c'è la conoscenza della natura, tanto più se la scienza pensa d'averla già capita...e così di seguito. Richter paragona l'intangibilità di Mozart alla impenetrabilità del mistero divino (in Mozart "bisogna trovare la chiave"). Allo stesso modo, quando non tutto gli pareva riuscito, arrivava a dire,"Il concerto d'oggi è la conferma del fatto che tutto attorno a noi non è che suprematismo.  È orribile,  ma è vero. Tutto tende verso lo ZERO. Ed io pure".* 

Allora, forse illudersi di capire il fenomeno Richter sta nel pensare di avvicinarsi davvero alla sua purezza cristallina, d'una sensibilità straordinariamente profonda ed innata, genetica... Quel puro, sfaccettato cristallo - che gli appartiene - può fissurare il mistero della MUSICA e toccarla, senza che diventi una rappresentazione distorta (o sembri una sorta di prospettiva inversa florenskijana) della stessa, che la farebbe precipitare verso il NERO, il buio del nulla, lo ZERO...(?) Si. Capitava certamente anche a lui - come a tutti i geni - di cadere nel vuoto o nel vortice, anche se molto RARAMENTE. Richter era sovente insoddisfatto, seppur gli ascoltatori fossero del tutto ignari! E poi, c'entra ancora Stanislavskij, ovvero quella riviviscenza, che nel suo specifico è la pereživaniedel compositore...?


(Corrado Grandis) 


* Du côté de chez Richter. J.Borisov


RIPUBBLICATO e RIVISTO IL 2 OTTOBRE, DOPO ALCUNE ....RIFLESSIONI INEVITABILI
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Lazar Berman on "Chasse Neige" (Richter)

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L a z a r   B e r m a n

"but as to this one🎶🎵🎶 ...I don't like it at all." (Richter)


from "Russia's great modern pianists"
byMark Zilberquit

Paganiniana Publications, 1983
Snippet Google Books

[..]

LAZAR BERMAN: I believe Chopin's etudes are more difficult than Liszt's. Each Liszt etude is an image in itself that can be grasped and comprehended easier than the images of Chopin's etudes. In my opinion, Chopin's technique is more refined, more melodious. Every Chopin note is worth its weight in gold, so to say. Here you cannot profit by using the pedal. Besides, the Chopin etudes are more on finger technique than Liszt's, i.e., in the Liszt etudes formulas on octave and chord technique prevail. And one more remark. In Chopin the instructive element, the technical formula is more obvious: there is the "chromatic" 6tude, "terza", "sesta", "octave" etudes, etc. It is more difficult to reveal their image-bearing sphere, as everything in them is highly concentrated. Liszt also has a certain formula but it is not so distinct as in Chopin's etudes. In the Liszt etude there may be several tasks. For instance, in The Blizzard it is tremolo and leaps.

Mark Zilberquit: You have made recordings of all the Liszt etudes, haven't you? "I believe the Chopin etudes are more difficult than Liszt's.

LB: I have. And it was Sviatoslav Richter who inspired me to make those recordings. He played

only eight etudes. I listened to them in concerts and was so astounded by the performance that I made up my mind to learn all twelve. Once I met Richter and asked, "Why do you play only eight etudes but not all the 12?" He answered, "Because I don't like the other four. I don't like this music". And among those four Richter spoke about there was also Chasse Neige which I greatly admire. I asked him in amazement, "Can you consider Chasse Neige to be bad music?" And I immediately began to hum a part of that piece.""Don't you like it?""Yes, I do like this part," answered Richter, "but as to this one . . ." (and he hummed a part), ... "I don't like it at all." 

MZ: Generally speaking, I can understand it. I don't think there is a single pianist who would like all the compositions of the Great Masters without any exception.

LB: I fully agree with you. For example, I have never played and will never play the Schumann Toccata, the Balakirev Islamey. As for the Liszt rhapsodies, with the exception of The Pest Carnival, I don't like them very much and I've recently turned down an offer to make recordings of all the Liszt rhapsodies.

[..]

La foto di Sviatoslav Richter è stata scattata a Taškent nel 1986. © Tutti i diritti sono riservati ai legittimi proprietari. La fonte originaria viene sempre citata o collegata con un link alla stessa. In questo Blog OGNI citazione o riproduzione di brani/foto/immagini o di parti d'opere sono UTILIZZATI a soli fini di ricerca scientifico-artistica, il cui utilizzo avviene secondo finalità illustrative o di discussione e per fini NON commerciali. Nessun Adsens è introdotto, come altre forme pubblicitarie finalizzate al profitto.

Fëdor Tjutčev: "Silentium"

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Fëdor Tjutčev  S i l e n t i u m!


Silentium! di Fëdor Tjutčev - 1830 (?)
Taci, nasconditi ed occulta
i propri sogni e sentimenti; che nel profondo dell’anima tua sorgano e volgano a tramonto silenti, come nella notte gli astri; contemplali tu e taci.
Può palesarsi il cuore mai?
Un altro potrà mai capirti?
Intenderà di che tu vivi?

Pensiero espresso è già menzogna *

Torba diviene la sommossa
Fonte: tu ad essa bevi e taci.
Sappi in te stesso vivere soltanto.
Dentro te celi tutto un mondo
d’arcani, magici pensieri,
quali il fragore esterno introna,
quali il diurno raggio sperde:
ascolta il loro canto e taci!..
trad. di Tommaso Landolfi (1964)
 English 
Speak not, lie hidden, and conceal the way you dream, the things you feel. Deep in your spirit let them rise akin to stars in crystal skies
that set before the night is blurred: delight in them and speak no word. How can a heart expression find?
How should another know your mind?
Will he discern what quickens you?
A thought once uttered is untrue.
Dimmed is the fountainhead when stirred: drink at the source and speak no word.
Live in your inner self alone within your soul a world has grown, the magic of veiled thoughts that might be blinded by the outer light,drowned in the noise of day, unheard... take in their song and speak no word.

* Era una citazione che ricorreva negli scritti di Neuhaus su Richter.


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LINK: Marco Sabbatini ricercatore in Slavistica presso l’Università degli Studi di Macerata, indaga sulla struttura e sul complesso significato di uno dei componimenti più noti di Fëdor Tjutčev, Silentium!, concentrandosi in particolare sulla traduzione del 1964 a opera di Tommaso Landolfi.
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